Gli articoli 433 e seguenti del codice civile stabiliscono l’obbligo, a carico di determinati familiari o affini, di prestare gli alimenti in favore di soggetti che provino di trovarsi in stato di bisogno, e ciò secondo il seguente ordine: 1) il coniuge; 2) i figli e, in loro mancanza, i discendenti prossimi; 3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; 4) i generi e le nuore; 5) il suocero e la suocera; 6) i fratelli e le sorelle.

L’art. 438 del codice civile statuisce che gli alimenti possono essere chiesti solo da chi versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento. Gli alimenti devono essere assegnati in proporzione del bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli. Non devono tuttavia superare quanto sia necessario per la vita del soggetto che li richiede, avuto riguardo alla sua posizione sociale.

Il Tribunale di Agrigento, con una sentenza recente, ha rigettato la richiesta di pagamento di alimenti rivolta da una madre invalida nei confronti dell’unico figlio, e ciò perché la stessa non aveva provato di trovarsi nell’impossibilità di procurarsi i mezzi primari di sostentamento.

Il giudice, nel caso in questione, ha rilevato che il concetto di “stato di bisogno” non coincide con quello di “difficoltà economica”.

La condizione di bisogno, secondo i giudici, si configura «quando un soggetto è privo di risorse per far fronte alle sue necessità primarie, ovvero non dispone di mezzi sufficienti per condurre una vita dignitosa, tenuto conto anche delle attitudini e della posizione sociale in cui versa».
Secondo la Cassazione, lo stato di bisogno, quale presupposto previsto dall’art. 438 del codice civile per potere ottenere il pagamento degli alimenti, deve consistere “nell’impossibilità di provvedere al soddisfacimento dei suoi bisogni primari, quali il vitto, l’abitazione, il vestiario, le cure mediche, e deve essere valutato in relazione alle effettive condizioni del soggetto richiedente, tenendo conto di tutte le risorse economiche di cui il medesimo disponga, compresi i redditi ricavabili dal godimento di beni immobili in proprietà o in usufrutto, e della loro idoneità a soddisfare le sue necessità primarie” (cfr. Cass. n. 25248/2013).
Il soggetto richiedente deve provare il proprio stato di bisogno, secondo i presupposti sopra indicati, ma anche la capacità economica dell’obbligato.

Nel caso sopra esaminato, il Tribunale ha rigettato la domanda della madre, poiché la parte istante non avrebbe fornito le dette prove.